20/11/12

LA STORIA DI MATTEO




Elisa è la mamma di Matteo, un bimbo di 4 anni nato con il piede sinistro torto e trattato senza successo prima a Bassano del Grappa e poi a Padova, dove ha subito anche un intervento invasivo. Stava per perdere la speranza, finché non ha incontrato il dottor Monforte e il bambino è stato curato correttamente con il metodo Ponseti.

Per Elisa è stato difficile trovare la forza di raccontare la propria esperienza...

Non ho un buon ricordo dei primi mesi di vita di mio figlio, ed è stata dura rivangare quei terribili momenti. Scrivo la nostra esperienza perché spero possa aiutare qualcuno nella scelta del metodo o del dottore a cui affidarsi.
Al quinto mese di gravidanza il mio ginecologo ci informa che Matteo avrebbe avuto il piede sinistro torto. Cerca di tranquillizzarci dicendo che non è niente di grave, che suo figlio l'aveva e ora gioca a basket, che gli faranno dei gessi, qualche intervento (!), ma che è tutto risolvibile. Nel frattempo ci informa che associato a questo disturbo ci potrebbero essere anche altri problemi, perché secondo lui una patologia neurologica non si presenta mai da sola, ma noi dovevamo stare tranquilli... Facile a dirsi!
Io mi informo e su Internet trovo il metodo Ponseti, non invasivo, che non crea traumi, risoluzione semplice e veloce... perfetto, insomma.
Durante il parto Matteo ha contratto un'infezione ed è dovuto stare 8 giorni in culla termica sotto antibiotici. Nel frattempo nessuno ci dice niente sul piede torto, solo di andare in ortopedia, dove dopo un mese cominciamo con i gessi. A Bassano ci dicono che siamo in buone mani e ci consegnano un foglio con spiegati i modi e i tempi del metodo Ponseti; non lo seguono da molto, dicono, ma sono in contatto con altri colleghi che lo utilizzano a Vicenza e a Milano. Matteo mette così 6 gessi, senza però risolvere il problema.
Nel frattempo chiediamo un consulto a Padova, e anche lì ci dicono di seguire il metodo Ponseti. Il medico, indicato come un luminare da tutti, afferma che il piede non è ancora corretto e che si può fare di meglio; l'alluce però è retratto e quindi più avanti avrebbe dovuto operarlo. È stata un'esperienza traumatica: ci facevano andare alle 7 del mattino in ospedale e il piede durante l'applicazione era tenuto in posizione non dal medico, come prescrive il metodo Ponseti, ma da un semplice gessista; il gesso veniva tolto con la sega elettrica e non con il coltello, e Matteo non faceva che piangere disperato dall'inizio alla fine. Ci facevano poi restare fino a mezzogiorno, ora in cui il dottore si degnava di darci un'occhiata. Sui 7 gessi messi a Padova non ho la forza di scrivervi molto perché è qualcosa che non ho ancora superato. Quindi in totale 13 gessi, uno più angosciante dell'altro. Una tortura che ha rubato a me e al mio bimbo i primi mesi di spensieratezza. Il medico infine annuncia che non si riesce a correggere ulteriormente con i gessi ed è necessaria la tenotomia.

Matteo dopo 13 gessi.

Il giorno dell'intervento si trasformò in un incubo: il medico, quando escì dalla sala operatoria, disse che non era riuscito ad ottenere il risultato che voleva perché il piede era molto rigido, per cui aveva dovuto cambiare tipo di operazione. Mio figlio dunque a 5 mesi subisce un intervento invasivo di allungamento a zeta dell'Achille e capsulotomia posteriore (non previsto dal Ponseti), e per questo ora si ritrova con una cicatrice di oltre 10 cm, molto brutta.
Il piede però non mi sembrava affatto corretto: rimaneva brutto, tozzo... uno zoccolo! Per il medico invece l'operazione era riuscita e non c'erano problemi. Il tutore Alfaflex ovviamente non gli stava nemmeno due minuti e continuava a sfilarsi, ma lui diceva che dovevo insistere e che se non fossi riuscita avrebbe dovuto operare di nuovo il bambino. Matteo piangeva continuamente e a me sembrava di impazzire. A causa dell'ansia ho perso anche il latte.
Lo porto allora a Bologna, dove mi confermano che il medico di Padova è un luminare, che l'intervento è riuscitissimo e magari potrei ridurre i gradi del tutore... Ma io non mi rassegno: sono ignorante in materia di ortopedia ma non sono pazza, e quel piede non è a posto!!
Contatto anche un altro "luminare" di Roma trovato su Internet, che cerca di rassicurarmi sul medico di Padova, un suo stimato pupillo. Questo mi è bastato per non prendere appuntamento con lui. 
Elisa però non si rassegna e continua a cercare...
Matteo ha 9 mesi quando trovo su Internet informazioni su un medico di Milano, e la mia vita riprende finalmente il suo corso. Monforte ha rimesso insieme i miei pezzi e mi ha portato a credere che non fosse ormai troppo tardi per recuperare la situazione. Ci ha ripresi per mano con professionalità e molta umanità, ridandomi speranza e salvandomi dalla depressione.
Alla visita il dottor Monforte ci ha confermato quello che istintivamente temevamo, e cioè che il piedino non era corretto e si presentava cavo e rigido. Purtroppo avevamo buttato mesi per niente, anzi aggravando la situazione, perché dopo l'intervento rimaneva un 10% in più di possibilità di recidiva, rispetto ad un piede trattato con il Ponseti. Comunque la buona notizia era che era possibile correggerlo con 3 o 4 gessetti e poi applicare il tutore.
Dopo soli 4 gessi correttivi del dottor Monforte non credevamo ai nostri occhi: il piede sembrava quello di un altro bambino, dritto e flessibile e non più immobile e gonfio! I medici precedenti dicevano di usare il metodo Ponseti e noi ci siamo fidati, ma abbiamo capito che non era vero: basti solo pensare che durante i gessi con Monforte il nostro piccolo non piangeva angosciato, anzi rideva e beveva il suo latte tranquillo!
Per completare la correzione però sembra necessaria una nuova  tenotomia (questa volta non invasiva). Potete immaginare la mia reazione a pensare a mio figlio ancora sotto i ferri. Per fortuna il dottor Monforte, dimostrando grande umiltà e onestà, vedendomi turbata mi telefona proponendomi un controllo con la bravissima dottoressa Ey di Barcellona, specializzata nel recupero di bambini già operati, per verificare che l'intervento fosse indispensabile. Ho apprezzato molto che ci abbia mandato da lei e soprattutto che abbia poi accettato le indicazioni di un collega, dimostrando di mancare della presunzione di superiorità che caratterizza tanti medici.
La dottoressa ci conferma che l'intervento invasivo subìto da Matteo non era necessario e non andava fatto, ma visitando attentamente il piede arriva alla conclusione che grazie all'ottimo lavoro svolto da Monforte la tenotomia si può evitare. Lei ha grande esperienza di bimbi trattati chirurgicamente e ha imparato che nel nostro caso è meglio non toccare di nuovo il tendine perché va a posto col tempo. Ha quindi dovuto solo portare il tutore come gli altri bambini.


Il piede di Matteo oggi.
Come previsto, la tenotomia non è stata necessaria, ma siamo ancora in ballo con le cure. Purtroppo l'operazione invasiva che ha subito gli ha lasciato una maggiore tendenza a recidivare, per cui il cavismo tende a ripresentarsi e fra qualche mese il dottor Monforte valuterà se fare qualcosa per distendere la pianta (fasciotomia plantare, un piccolo  intervento non invasivo). Insomma non è finita, ma i risultati sono stati incredibili rispetto a come avevamo iniziato!
Rivangare la nostra storia è stato molto doloroso. Spero col tempo di farmene una ragione, ma almeno ho trovato la forza di aprirmi e di parlarne con gli altri genitori, che conoscendo il problema mi sono vicini e non mi giudicano. Purtroppo indietro non si torna, ma ora sono serena perché so che siamo sulla strada giusta.
Ringrazio infinitamente Dio per avermi fatto incontrare il gruppo di nonno Matteo e il dottor Monforte, una persona professionale ed allo stesso tempo molto umana e sensibile, che ci ha chiamato diverse volte, perfino di domenica, per assicurarsi che Matteo stesse bene e che noi fossimo sereni.
Se avete dei dubbi sulla corretta applicazione del metodo Ponseti e sui risultati ottenuti, non esitate a sentire un'altra campana e non fatevi spaventare dal viaggio: io sono di Bassano del Grappa e ripenso con orrore alla strada che facevo per andare a Padova, mentre le due ore e passa per Milano ci sembrano una gita di piacere, perché fin dalla prima visita abbiamo ricevuto vere spiegazioni, umanità, fiducia, professionalità e tante buone notizie. Anche l'ospedale Vittore Buzzi è un ambiente molto rassicurante per i bambini e per Matteo è una festa quando partiamo per la visita di controllo! Lo rifarei tutti i giorni per un anno, perché per noi ha significato liberarci dall'angoscia e ritrovare la speranza.



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